mercoledì 29 giugno 2016

Perché Holly di "Colazione da Tiffany" è uno dei miei personaggi letterari preferiti.



Holly Golightly è la protagonista di Colazione da Tiffany, un breve romanzo di Truman Capote. Il romanzo è narrato in prima persona da uno scrittore – di cui non ci viene rivelato il nome – che vive nello stesso palazzo di Holly. Lo scrittore ci racconta di come ha fatto la conoscenza di Holly e di come si è sviluppata la loro amicizia. Come struttura è molto semplice ed è un romanzo breve, quindi si legge molto velocemente, però è davvero accattivante. Soprattutto lo sono i personaggi, ognuno è estremamente interessante e ben raccontato. Il mio cuore appartiene però a Holly e qui di seguito vi elenco i motivi:

[Avviso i gentili lettori e le gentili lettrici che prima di continuare la lettura dovete munirvi di una grande dose di ironia.]
  • Non apre un profilo instagram al proprio gatto. Va bene all’epoca non esisteva instagram, ve lo concedo, ma sono sicura che se anche fosse esistito non lo avrebbe fatto comunque. Rispetta la sua indipendenza, accetta il fatto che nessuno dei due appartiene all’altro. Non lo costringe a indossare degli occhiali da sole per fare una serie di simpaticissime foto di cui riderne con gli/le amici/amiche. E non gli ha nemmeno dato un nome. Niente Fluffy, Puffy, Fido, patatino, biscottino. Gli animali non meritano queste violenze. Imparate da Holly.
  •  Sta cercando il suo posto nel mondo. In realtà lo ha trovato, però – purtroppo- non è possibile per lei trasferirsi dentro il negozio di Tiffany. E mi riconosco tantissimo in questa cosa. Come lei sono perennemente in transito. Chissà se anche casa mia è dentro Tiffany o se, data la mia solita fortuna, poi scopro che invece la mia è Desigual.
  •  Si fidanza con tutti milionari. Basta con queste storie in cui la protagonista molla l’avvocato che ha talmente tanti soldi da usarli come carta igienica, per il poveraccio che le attacca le luci di Natale sul tetto. Con i soldi sapete quanti/e addetti/e alle luci di Natale potete comprare? Potete persino farvi scrivere sul tetto “TUTTI/E PORACCI/E” che si illumina quando battete le mani.
  • Beve qualunque cosa purché abbia una percentuale alcolica. A una festa a casa sua, finito l’alcool, si accontenta anche dell’ammoniaca. 
  • Rispetta l’amore in tutte le sue forme. Non fa distinzione di genere o nazionalità, a lei basta abbiano i soldi.

Come ho anticipato all’inizio, questo post è estremamente ironico. Holly è un personaggio molto complesso e affascinante. Potrebbe sembrare superficiale e stupida, ma non lo è affatto. Il suo modo di essere è diverso da quello delle tipiche protagoniste che ritroviamo nei romanzi attuali. Ho semplificato molto alcuni dei punti, secondo me, più rilevanti del suo carattere, ma vi consiglio di leggere il romanzo e di fare la conoscenza di questa ragazzina così particolare. Il romanzo si discosta molto dal film, trovo il primo migliore, soprattutto per quanto riguarda la scrittura del personaggio di Holly. Poi una volta che lo avrete letto, ci daremo tutti e tutte appuntamento davanti a Tiffany per fare colazione insieme e guardare tutte le cose che non ci possiamo permettere.

A presto,
Frè. 

sabato 18 giugno 2016

Le 5 cose che ho imparato e le 5 cose che non ho imparato dalle convention

Ho fatto esattamente 5 convention finora. Riflettendo su questa cosa ho deciso così di elencare le 5 cose che le convention mi hanno insegnato e le 5 cose che invece ancora no.
Parto da quelle che devo ancora imparare.
  1. Fare la valigia. Questa è una cosa che chi viaggia con me deve affrontare. Per quanto essendo un'universitaria fuori sede faccio la valigia almeno due volte al mese, quando devo farla per le convention vado in panico. Dimentico qualunque cosa: trucchi, prodotti per le lenti a contatto, vestiti.... Per uno spazzolino ho fatto girare la mia amica per la città per comprarlo. Sono consapevole di avere questo problema. So che devo farla per tempo, con calma, in un momento in cui nessuno mi disturba e i pianeti sono allineati, però alla fine continuo a ritrovarmi a farla mentre con una mano mi asciugo i capelli, con l'altra stampo i biglietti dell'aereo e intanto prego che il treno sia in ritardo sennò lo perdo. Un genio insomma.
  2. Parlare con gli attori/le attrici. Arrivo agli autografi con un discorso poetico su quanto questa persona sia importante per me, su quanto il mondo mi sorrida da quando è entrata nella mia vita, su quanto affetto io provi nei suoi confronti, poi arrivo davanti a loro e quello che dico è: "Hi......." e porgo il cartoncino col mio nome. Vi giuro che tra il "ciao" e il porgere il cartoncino, faccio un discorso così profondo e toccante che se lo dicessi vincerei un premio per il discorso più profondo e toccante mai detto. Però non ci riesco. La connessione cervello-bocca si interrompe, con tanto di vocina che dice: "Le trasmissioni riprenderanno il prima possibile. Ci scusiamo per il disagio".
  3. Uscire bene in foto. Le ho provate tutte, davvero. Foto frontale, foto di profilo, foto buffa, foto seria, foto sorridente. E il risultato è sempre lo stesso:un disastro. E uguale con gli outfit: vestito, tutina, pantaloni, pantaloncini. Inguardabile. L'unica speranza è la foto di spalle o, ancora meglio, una foto in cui io me ne vado e viene preso solo l'attore/l'attrice.
  4.  Risparmiare. "A questa convention non mi interessano tanti ospiti. Prendo una foto con quello che mi piace tanto e basta". A fine convention mi trovo con: tre meet, diciotto foto, quindici autografi, eventuali extra delle serate che organizzano, gadget vari comprati ai banchetti e una batteria di pentole Mondial Casa.
  5. Come si smette di farle. Ma in realtà: chi vuole smettere?
   Per dimostrarvi che ogni tanto qualcosa la imparo anche io, ecco invece le 5 cose che ho imparato dalle convention. 
  1.  Prendere le cose con filosofia. So già che farò delle figuracce. Perchè è nel mio essere farle: inciamperò alle foto, balbetterò agli autografi, parlerò di cose che non interessano a nessuno (nemmeno all'attore o all'attrice in questione) al meet.... Lo so già. Ho imparato quindi a non chiedere agli/alle assistent* una pala con cui fare una buca, ma semplicementi a riderci sopra.
  2. Gli attori sono esseri umani. Può sembrare una stupidata, ma prima di vederl* dal vivo, facevo fatica a pensare che anche loro sono persone. Sono proprio esseri umani. Hanno delle ossa, la pelle, le braccia, le gambe. Esistono, usano il wc, si muovono.... Wow.
  3. Viverle con tranquillità. Questo punto è legato ai due precedenti. La prima convention l'ho fatta in uno stato di totale ansia/panico. Non mi rendevo conto di quello che succedeva, non mi godevo niente, nel cervello avevo le scimmiette che battevano i piatti. E con questa scusa mi sono comprata tre foto più del previsto perchè: "Non mi ricordo cos'è successo, devo rivederl*". Salva i soldi, salva il mondo.(E salva te da un'ordinanza restrittiva).
  4. Ossessionarmi con nuovi/e attori/attrici. Ogni volta che torno da una convention, arrivo a casa in fissa con una nuova persona. Non importa chi sia, se durante la convention mi ha colpita per qualche motivo è finito/a. E non c'è niente che lui/lei possa fare per rimediare alla situazione. Il danno è fatto.
  5.  Noleggiare una macchina a Parigi. Questa è una cosa che ho imparato lo scorso maggio. Essendo l'aeroporto e la convention molto lontani, io e Alice (sempre quella che ho mandato in giro a comprarmi lo spazzolino), abbiamo noleggiato una macchina a caso, facendo un'ora per la campagna francese. Il mio arduo compito in quel caso era di snapchattare mentre lei guidava. Ognuno fa quello che può insomma.
A presto,
Frè.

mercoledì 15 giugno 2016

Who are you? Who am I?

Ciao a tutti/e, sono Frè.
Non sapendo come presentarmi, ho deciso di parlarvi del perchè ho aperto questo blog.
Vi assicuro che quanto segue non è la trama di un film horror, ma è davvero quello che è successo. 
Situazione: piena sessione estiva, piena scrittura della tesi di laurea, le uniche uscite concesse erano nel weekend per andare a lavorare. Fa paura vero? Infatti le probabilità di sopravvivenza erano molto basse, senonchè ho scoperto un libro (che è anche il primo post di questo blog): il cavaliere d'inverno. Il libro purtroppo non ha potuto fare miracoli, non ha studiato per me, non mi ha scritto la tesi, mi ha proibito di mandare messaggi vocali su whatsapp in cui l'adulta che è in me cantava: "Voglio morire" sulle note della canzone "Sei bellissima" della Bertè, però ha fatto sì che vedere qualcuno messo peggio di me in qualche modo trovassi uno spiraglio in queste giornate. Queste sensazioni erano così forti da spingermi a voler riprendere in mano la scrittura. E così ho deciso di iniziare questo nuovo percorso. Non so quanto durerà, non so cosa succederà nei prossimi post, ma intanto here I am.

A presto,
Frè.

Tatiana, Alexander


Questa trilogia, scritta da Paullina Simons, è composta da: "Il cavaliere d'inverno", "Tatiana e Alexander" e "Il giardino d'estate" e racconta una storia d'amore che nasce nella Leningrado del 1941. Proprio quando il mondo inizia a cambiare. E viviamo tutti i cambiamenti che stanno avvenendo tramite gli occhi di Tatiana Metanova, una ragazzina che vive a Leningrado insieme al fratello gemello Pasha, la sorella Dasha, i genitori e i nonni, e successivamente tramite gli occhi di Alexander, un ufficiale dell'Armata Rossa con un passato tutt'altro che facile.
Ho deciso di scrivere un post a riguardo perchè questa trilogia mi è entrata nel cuore come pochissime altre cose. Con la riflessione che mi ha portato a fare, che scriverò qui di seguito, non potrò dare giustizia a questa meraviglia, ma ci devo provare.

Tatiana e Alexander sono un percorso di vita. In mezzo alla sofferenza, alla morte, al dolore, ci sono loro, ma soprattutto c’è lei. La purezza di Tatiana è un ispirazione che oltre a colpire Alexander, colpisce tutt* noi che stiamo leggendo. Non mi sono mai sentita solo una lettrice, ero sempre dentro la storia. E questo credo sia il merito di Paullina (non avevo mai letto niente di suo). Riesci a sentire tutte le emozioni che vivono. Figuratevi che per tutta la durata del primo libro, ogni volta che non finivo il cibo mi sentivo in colpa e mangiavo perché loro stavano morendo di fame. (Non scherzo!). Senti tutto il dolore su di te. Senti la tua anima che si contorce alla morte di ogni personaggio (chiunque esso sia, anche se secondario) perché non si può morire così. Non si può morire soffrendo così da innocente. Senti il dolore, la frustrazione. Ma senti anche la speranza. Capisci che quando sta crollando tutto devi aggrapparti a qualcosa. Devi trovare la tua àncora, come fa Tatiana. Come fa Alexander. Qualunque sia. Anche se è apparentemente una cosa stupida, ma che ti permette di stare a galla, devi trovarla. Per loro era Orbeli, per me erano questi libri. Mi hanno accompagnato in questo periodo di stress. C'erano quando guardando fuori dalla finestra mi immaginavo intenta a fare un falò con i fogli degli appunti. C'erano quando fingevo che il computer fosse il tappeto magico di Aladdin. E c'erano quando facevo il lip sync di Taylor Swift su snapchat. E, insomma, quando condividi così tanto con qualcosa, anche se sono dei libri, capisci che il rapporto sta diventando intenso. Ma oltre a questo mi hanno aiutato a ridimensionare i miei problemi e a trovare quelle ore di pace durante la lettura. C’erano quelle ore durante la mia giornata in cui eravamo solo noi: io, la famiglia Metanova, e Alexander. E l'ansia che non mi abbandona mai. E dovevamo sopravvivere durante la guerra. C’era chi ce la faceva e chi no. Io ci stavo riuscendo, e questo mi ha dato la forza di continuare. Continuare la lettura e continuare con quello che dovevo fare. E dopo la guerra bisognava sopravvivere nel dopo guerra e poi ricominciare a vivere. Ricordarsi come si faceva. E così, ogni giorno. E questi libri con me hanno fatto proprio questo, nella morte mi hanno insegnato come si vive. Sia chi moriva, sia chi continuava a vivere, me lo insegnava. E l’hanno fatto nel modo a me più congeniale. Senza frasi effetto, ma semplicemente affrontando la quotidianità. Affrontando la morte e la sofferenza, con dignità e a testa alta. E se loro potevano affrontare tutto ciò, io potevo ancora meglio uscire dai miei problemi infinitamente più piccoli. Non sono degna del meraviglioso personaggio che è Tatiana Metanova, ma in qualche modo, dentro di me, ho trovato una piccola parte di lei. E sarà qualcosa che non mi abbandonerà mai. E grazie a questo, a prescindere da tutto ciò che succederà, sarò salva. Ma forse non laureata.

A presto,Frè.